La fondamentale importanza in ambito geologico e naturalistico è il motivo per cui l’Unesco, nel 2000, ha inserito le isole Eolie nella “World Heritage List”. Da 200 anni, infatti, le sette sorelle dell’arcipelago (Lipari, Panarea, Vulcano, Stromboli, Salina, Alicudi, Filicudi) rappresentano uno straordinario campo di ricerca per geologi provenienti da tutto il mondo. Senza dimenticare che la cenere, la lava e tutto il materiale eruttato nel corso dei millenni ha contribuito in maniera determinante alla preservazione di moltissimi reperti di età antica, trasformando le Eolie in un grande parco-archeologico all’aperto. Non solo storia e geologia. Anche da un punto di vista paesaggistico-ambientale le isole Eolie rappresentano un “unicum” nel bacino del Mediterraneo meridionale. Unicum che di seguito proveremo a raccontare indicando le cose principali da fare e vedere nell’arcipelago. Buona lettura.

Via Garibaldi; Corso Vittorio Emanuele; il Castello, l’architettura, le chiese, Marina Lunga, Marina Corta, e naturalmente bar, ristoranti, panorami e tutto l’immaginario tipico normalmente associato a una località balneare: Lipari, quasi sempre, è il punto di partenza di un tour alla scoperta delle Eolie. Delle sette isole dell’arcipelago è la più grande e densamente abitata (circa 10.000 abitanti). Quanto al mare e alle spiagge c’e solo l’imbarazzo della scelta: Pietra Liscia, Acquacalda, Papesca, Porticello, Valle Muria, Vinci e le altre meritano ciascuna una visita. Menzione speciale per il Museo regionale intitolato all’archeologo Luigi Bernabò Brea (1910-1999). Il Museo si trova sul Castello di Lipari ed è suddiviso in sei sezioni: Preistorica; Epigrafica; Isole Minori; Classica; Vulcanologica e Paleontologia del Quaternario. Un vero e proprio viaggio nel tempo, agevolato da esaustivo materiale didascalico, per consentire ai visitatori di ripercorrere lo sviluppo delle civiltà succedutesi nelle Isole Eolie dalla preistoria all’età moderna. Non è finita, perché da vedere ci sono anche le sedi distaccate di Filicudi e Panarea.

Ricordate “Il Postino” l’ultimo film di Massimo Troisi? Beh, allora ricorderete anche la casa rosa e la spiaggia sottostante dove si muoveva il poeta Pablo Neruda, interpretato dall’attore Philippe Noiret. Quegli ambienti sono a Salina, per la precisione in località Pollara, nel comune di Malfa, e dall’uscita del film, nel 1994, vengono visitati ogni anno da migliaia di appassionati. Merito del “cineturismo”, segmento in costante crescita che, nel caso specifico, ha premiato anche la piccola Procida (diverse scene de “Il Postino” sono state girate pure alla Corricella, suggestivo villaggio procidano). Ma i legami con le isole del Golfo di Napoli non sono circoscritti al cinema. Nel 2013, infatti, c’è stato il gemellaggio tra Leni, altro piccolo comune di Salina (c’è anche Santa Marina) e il comune di Ischia, uno dei 6 in cui è divisa amministrativamente l’isola omonima. Motivo della celebrazione la vicenda dei fratelli Sanfilippo che da Leni, nel 1855, partirono alla volta di Ischia per salvare le viti ischitane dalla filossera con il loro prodotto a base di zolfo. I tre fratelli riuscirono nel loro intento non ricevendo, però, in cambio la giusta ricompensa. Il maltolto cagionò la morte di uno dei tre a cui gli ischitani, per espiare il senso di colpa, dedicarono una piccola edicola votiva raffigurante la Madonna del Terzito, venerata proprio a Leni. Il Santuario della Madonna del Terzito, insieme alla spiaggia nera del piccolo borgo di Rinella, sono due altri buoni motivi per visitare la bella isola di Salina.

Reumatismi, artrosi, distorsioni, fratture, allergie, infiammazioni delle vie respiratorie, acne e psoriasi: non c’è quasi nulla che i fanghi di Vulcano non possano lenire. La pozza, circondata da piccole collinette sulfuree da cui escono in continuazione soffioni caldi (ideali per le insufflazioni) si trova alle spalle del porto di Levante ed è bene chiarire subito che non è in convenzione col Sistema Sanitario Nazionale. Perciò, è importante sapere che a fronte di gravi patologie (neoplasie, cardiopatie ecc.) o stati particolari (gravidanza, periodo mestruale ecc.) è sconsigliato immergersi. Idem per i bambini sotto i 5 anni. Al netto di queste, e altre piccole precauzioni (evitare le ore più calde della giornata o una permanenza prolungata) non ci sono particolari controindicazioni. Il continuo afflusso di gas caldi (tra i 40 e gli 80°C) garantisce la sterilità della pozza giornalmente frequentata da numerosi visitatori. La pozza è gestita da una società privata al cui sito (www.geoterme.it) si rimanda per ulteriori informazioni e le tariffe praticate (vd. “Servizi”).

Odore di zolfo, fumarole, cenere, lapilli, ginestre e panorami tutt’intorno: la scalata al Gran Cratere di Vulcano è di sicuro una delle cose da fare assolutamente una volta alle Eolie. Anche perché non presenta grosse difficoltà e in poco più di un’ora si raggiunge la vetta (circa 3 ore tra andata e ritorno). Il sentiero, con partenza dal Porto di Levante, è debitamente segnalato e porta fin sulla cima a 391 metri sul livello del mare. Quanto alle precauzioni, sono quelle normalmente in uso tra gli appassionati di trekking: abbigliamento adatto; scarpe tecniche; giusta idratazione; evitare le ore più calde della giornata ecc. A queste, però, se ne aggiungono altre due che è bene tenere a mente: un sentiero porta fin dentro la bocca del vulcano; c’è chi lo percorre ma bisogna fare molta attenzione alle esalazioni che sono continue e potrebbero essere pericolose. Idem per il periplo del cratere: il percorso non presenta grandi diffcoltà, ma bisogna cercare di stare il più possibile controvento. Per questo il consiglio è di effettuare l’escursione con una guida ambientale del posto in grado di gestire queste criticità. Per il resto, guai a dimenticare la macchina fotografica! Ad attendervi ci sono paesaggi stupendi e tramonti da togliere il fiato.

Panarea è l’isola più piccola e antica dell’arcipelago delle Eolie. Secondo molti è anche la più bella, frequentata prevalentemente da Vip che qui trascorrono i propri mesi estivi tra giornate  in barca attorno la piccola isola di Basiluzzo, feste in villa e aperitivi al tramonto. C’è una parte di isola, però, sopravvissuta all’evoluzione mondana e ultimamente tornata alla ribalta grazie alla Sezione CAI (Club Alpino Italiano) di Siracusa che ha ripristinato i tre sentieri che portano fin su la vetta dell’isola (421 mt. s.l.m. “Punta Corvo”). Il più facile dei tre, debitamente segnalato con la bandiera dell’associazione, parte da San Pietro, il centro abitato principale (gli altri due sono Ditella e Drautto) e in 45 minuti circa raggiunge la cima. Gli altri, invece, sono più impegnativi ed è preferibile affrontarli con una guida ambientale del posto. Il percorso rivela l’”altra” Panarea, per secoli colonia agricola di Lipari (di cui fa parte amministrativamente) coltivata prevalentemente a viti e olivi oggi scomparsi quasi del tutto. Restano i terrazzamenti, i muri a secco e il paesaggio stupendo tutt’attorno. spesso unica consolazione per i contadini impegnati nella dura vita dei campi. Il recupero degli itinerari escursionistici di Panarea ha consentito una parziale destagionalizzazione dei flussi turistici e, soprattutto, ha dato un po’ d’ossigeno all’immagine di un’isola che cominciava, forse, a esser troppo appiattita sulla sua fama mondana.

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